lunedì 10 gennaio 2011

storiella


Voglio narrarvi un mio ricordo del secolo scorso. Il ricordo di un professore che davvero è valso la pena di ascoltare, un professore che voleva educare e non insegnare o scaldare la sedia, ma neppure sfogare il risentimento che gli suscitava una scelta di ripiego.

Questo professore più che a trasmettere a noi fanciulle del socio-psico delle nozioni, puntava a darci gli strumenti per pensare, ma soprattutto a spronarci.

Aveva anche l’abitudine di narrarci storie zen e koan, che ai tempi mi affascinavano e vi riflettevo, ma che forse solo ora, a distanza di anni e anni inizio a capire e come un filo rosso con alcune citazioni che ho disseminano tra le mie tracce virtuali, voglio anche io proporre a voi, che casualmente passate su questa pagina, questa storiella. Lo stesso brano lo trovate anche in 101 sotrie zen, e narrato nel film Nirvana.

Quando ho iniziato a scrivere questo post, pensavo anche di proporvi la mia interpretazione, ma ora mi rendo conto che è meglio lasciare ai passanti la loro, di riflessione: che sia giusta o sbagliata, la mia deduzione ( che poi non sono certa sia nemmeno adeguato parlare di giusto o sbagliato) credo che queste sotrie si propongano soprattutto di innestare una riflessione, una riflessione personale che si dipani su sentieri propri e diversi per ogni essere umano.

Potrei anche ricordarla in parte sbagliata. Ma eventualmente sapete dove recuperarla.

Dunque:

Un giorno un uomo si ritrovò rincorso da una tigre affamata; scappando più veloce che poteva cadde in un dirupo e si salvò aggrappandosi a un ramo che usciva dalla parete rocciosa. La tigre affamata si fermò sul ciglio del burrone in attesa. L’uomo, allora, guardò sotto di sé, in fondo al dirupo lo aspettava una seconda tigre; guardò davanti a sé e vide che il ramo iniziava a cedere sotto il suo peso. Guardò ancora e vide una fragola rossa e matura. La colse: com’era buona!

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