lunedì 27 luglio 2009

Games people play, You take it or you leave it.



Games people play, You take it or you leave it. Things that they say Honor Bright. If I promise you the Moon and the Stars, Would you believe it?

I giochi della gente, li accetti o li rifiuti. Le cose che dicono, sono una parola d'onore. Se ti prometterò la luna e le stelle, ci crederesti?

Ogni mattina ci svegliamo, ogni mattina lasciamo scorrere il tempo e ci facciamo trascinare dalle nostre consuetudini, seguiamo le regole che ci hanno imposto, che ci siamo imposti, senza farci poi molte domande. Dei piccoli giochi personali, con le loro regole che se infrangiamo, ci sentiamo in colpa, magari proprio perché il regolamento dice questo.
Ci sono poi regole non scritte più ampie, consuetudini diffuse, riti sociali che impongono come una persona debba divertirsi, come debba festeggiare, come debba celebrare il raggiungimento di certi obiettivi, cosa debba annoiarla o cosa sia obbligata ad evitare e non perché sia salutare, ma perché le consuetudini, le regole stabilite dalle persone sono quelle. Ma le regole non si possono infrangere,perché i giochi che le persone giocano, vogliono sopravvivere , vogliono perpetuarsi , non vogliono essere messi in dubbio. E anche per le persone, è più facile seguire i binari, lasciarsi scorrere su rotaie assodate, non mettersi in dubbio. Quando poi c’è qualcuno che si oppone a certe consuetudini, quando qualcuno vuole seguire il suo sentiero, scegliere un’altra partita su un tavolo diverso, allora gli altri si ribellano, gli chiedono ragione, vogliono che torni tra di loro, ma non perché è lui, perché il regolamento vuole più giocatori possibili.
Non parlo dei grandi valori della vita, per quanto ritengo che si debba comunque essere consapevoli che per quanto buoni e giusti, sono pur sempre figli di una certa epoca, di una cultura, di un popolo, ma parlo delle consuetudini radicate, ad esempio della necessità dello sballo del sabato sera o dell’obbligo di essere almeno brilli per poter dire, ho festeggiato, ho reso onore a quest’obiettivo, senza scordare, ovvio, le regole che portano alla sofferenza degli altri (ma questo sarebbe un argomento più ampio, che necessiterebbe di più spazio e neuroni attivi). Ma tanto più assurde sono le reazioni omologatrici , quanto più è evidente che sono a difesa di semplici consuetudini e che le scelte diverse non mettono in dubbio nulla. Ma se tu fai una scelta diversa sei stigmatizzato, neanche facessi loro un torto. Loro si sentono i normali, loro si sentono nel giusto ed hanno bisogno di trovare nelle tue scelte qualcosa di sbagliato. Ma tanta veemenza nello stigmatizzare, tanta veemenza nel’indicarti come sei diversa/o e nel torto, anche se compi una scelta che non li tocca e non influenza il loro modo di essere, come si spiega? I teorici della devianza ci dicono che la norma ha bisogno di chi la infrange, per esistere e che le reazioni normalizzatrici sono inevitabili ma io mi chiedo, oltre a questa componente, perché chi si sballa il sabato sera, ha bisogno di scagliarsi contro chi ha scelto altre forme di divertimento? Che forse, pur non volendo mettere in dubbio nessuno, si sentano messi in dubbio, si sentano insicuri proprio perché un’altra scelta è possibile? Che si sentano giudicati da una di quelle loro voci interiori che cercano di mettere a tacere ?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao ho trovato il tuo blog interessante. Puoi contattarmi alla mia e-mail: aplu74(at)hotmail.com vorrei proporti una cosa. Grazie

Anonimo ha detto...

ciao.Scrivi sempre cose molto molto interessanti.Buona giornata.
Rape di quattroamicialbar

CinziaGK ha detto...

provvedo, grazie

Rape, grazie sei molto gentile

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